“Di vino, poesia o di virtù: come vi pare. Ma ubriacatevi.”
Così scrive Charles Baudelaire in Petits Poèmes en Prose, Le spleen de Paris nel 1869. E io oggi ho deciso di ubriacarmi con Arthur Rimbaud e la sua Ma Bohème.
La mia bohème
Me ne andavo, i pugni nelle tasche sfondate;
E anche il mio cappotto diventava ideale;
Andavo sotto il cielo, Musa! ed ero il tuo fedele servitore;
Oh! quanti amori splendidi ho sognato!
I miei unici pantaloni avevano un largo squarcio.
Pollicino sognante, nella mia corsa sgranavo
Rime. La mia locanda era sull’Orsa Maggiore.
– Nel cielo le mie stelle dolcemente frusciavano
Le ascoltavo, seduto sul ciglio delle strade
In quelle belle sere di settembre in cui sentivo gocce
Di rugiada sulla fronte, come un vino di vigore;
Dove, rimando in mezzo a fantastiche ombre,
Tiravo, come fossero delle lire, le stringhe
Delle mie scarpe ferite, un piede vicino al cuore!
Questa celebre poesia descrive l’evocazione del desiderio di avventura, di un vagabondare fisico e mentale.
Perdersi alla vista della natura. Niente più di una metafora del poeta errante che viaggia in cerca della Musa, l’ispirazione poetica, che trasforma in meraviglie gli elementi più banali del quotidiano. E Rimbaud, come un pollicino sognante, ne segue le tracce disseminate nel percorso della vita ed è questo l’aspetto che più mi affascina: vivere l’atto della scrittura come un peregrinare nell’esistenza.
Questo cammino emozionale e razionale, allegoria di una condizione di grazia mentale che non fa perdere la percezione della realtà ma ci fa acciuffare le emozioni e la bellezza in una dimensione sublimata. Ci inebriamo di vita e di parole.
Ma quindi… di cosa abbiamo paura? Se solo sapessimo un po vedere con i suoi occhi.
Aveva proprio ragione Johann Wolfgang Goethe quando scrisse che La bellezza è negli occhi di chi guarda.
Beatrice Carducci
Pingback: in cerca della musa con beatrice | +L'Usignolo+Veritatem invenire cum gaudio+
Bello questo post, ma tu Beatrice che fine hai fatto ?
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